Buon compleanno, Joya!

 

Oggi Paulo Dybala compie 28 anni, la stessa età in cui Michel Platini divenne il simbolo di una Juventus vincente in Italia e in Europa.

Per la Joya, attualmente impegnato con la Nazionale, è un periodo delicato della sua carriera, sia per il contratto in scadenza sia per quel salto di qualità che i tifosi attendono da molto tempo.

Per l'occasione, ho deciso di regalare ai lettori di IoBianconero un capitolo della mia monografia dedicata al numero 10 della Juventus, Paulo Dybala: la Joya argentina. Il libro è disponibile, in ebook e cartaceo, su Amazon.


UN (EX) NUMERO 21 TRA OMAR SIVORI E ZINEDINE ZIDANE

106 gol in 265 presenze con la maglia della Juventus, miglior realizzatore nella sua prima stagione in bianconero, assoluto protagonista delle ultime annate che hanno portato la Vecchia Signora a entrare nella leggenda, vincendo nove scudetti e quattro Coppe Italia consecutive: è lui, Paulo Dybala, argentino di Laguna Larga, classe 1993, oggetto del desiderio di mezza Europa calcistica, numero dieci della Juventus e soprannominato “La Joya”, “Il Gioiello”. E dire che la cifra investita dall’allora AD bianconero Beppe Marotta per strapparlo al Palermo nel 2015 aveva destato diverse perplessità. 

In tanti lo consideravano ancora troppo giovane per imporsi in una corazzata come la Juventus, altri ritenevano che non possedesse la giusta personalità per affrontare un salto così importante, ma per sua fortuna ha incontrato Massimiliano Allegri, allenatore capace di gestirlo nella maniera migliore, preservandolo nel momento più delicato dei bianconeri, a inizio Campionato, quando la Juventus sembrava aver perso lo smalto degli anni passati. 

La classe di Dybala è, però, parsa subito cristallina, cosicché il giovane argentino non solo ha mantenuto le promesse, ma è diventato presto un leader in grado di far dimenticare il suo connazionale Carlos Tevez, trascinatore della Juventus nelle stagioni precedenti.


Dopo essersi fatto notare con la maglia del Palermo, Dybala ha subito messo in mostra le sue straordinarie abilità di calciatore, capace di giocare da prima o da seconda punta, perché dotato di rapidità, eleganza nel movimento e imprevedibilità. Quando la Juventus ha ritrovato la quadratura e i meccanismi sono tornati a girare alla perfezione, Dybala si è trasformato in un’arma micidiale, capace di ripartenze sprint, ma anche di mettere davanti alla porta i suoi compagni di squadra.

Insomma, un perfetto numero 10, ma con in più uno straordinario fiuto del gol. E poi i calci piazzati: se fino a qualche stagione prima, i tifosi bianconeri avevano avuto la fortuna di ammirare i colpi di classe di Andrea Pirlo, il giovane argentino ha guadagnato rapidamente posizioni nella graduatoria dei battitori di rigori e punizioni. Tiratore infallibile, si è dimostrato all’altezza di Michel Platini, Roberto Baggio, Zinedine Zidane e Alessandro Del Piero, calibrando spesso traiettorie al limite dell’impossibile.

Ma che giocatore è Dybala? Un attaccante? Un trequartista? Un dilemma che nel 2015, a inizio stagione, ha messo in difficoltà l’ex allenatore bianconero Massimiliano Allegri, ma che lo stesso argentino ha chiarito durante la sua prima conferenza stampa in bianconero. 

L’argentino si considera un trequartista, un ruolo che ha svolto fin da quando tirava i primi calci nel settore giovanile della squadra della sua città, specificando, però, che come accaduto al Palermo, può giocare in qualsiasi ruolo, purché non sia con le spalle alla porta. Una promessa che, in questi anni, Dybala ha ampiamente mantenuta, visto che ha dimostrato diverse volte di essere in grado di fare sia l’attaccante che il trequartista, a seconda delle esigenze della Juventus. 

A livello tattico, tuttavia, se proprio fossimo costretti ad assegnargli un ruolo preciso in campo, sarebbe quello della seconda punta elegante, abile a muoversi tra le linee e veloce nel concludere col mancino. Baricentro basso e movimenti scattanti, Dybala ha iniziato la sua carriera come esterno offensivo, partendo dalla fascia e accentrandosi una volta in possesso della palla, ma poi ha ampliato le sue giocate, grazie alla capacità di indovinare l’ultimo passaggio. 

Il suo marchio di fabbrica rimane la straordinaria abilità di muoversi sul filo del fuorigioco, come un moderno centravanti alla Inzaghi o Montella, ma rispetto a questi ultimi, Dybala non pensa solo alla finalizzazione dell’azione, ma a impreziosire le sue giocate con tocchi eleganti e concreti, capaci di portarlo alla conclusione o di far segnare i compagni. Il suo fisico, 178 cm per circa 80 kg, non gli consente di fare a sportellate con i difensori avversari, ma Paulo possiede una rapidità di pensiero e di gambe talmente elevata, che lo rende imprendibile, soprattutto nello stretto. 

Con il mancino sa fare ciò che vuole, dal dribbling al passaggio filtrante fino all’uno-due con i compagni di reparto, ma, soprattutto, è in grado di disegnare delle parabole imprendibili che si insaccano lì dove nessun portiere potrebbe mai arrivare. Se a questo abbiniamo un elevato senso della posizione, che gli consente di evitare con facilità la trappola del fuorigioco, e un innato spirito di sacrificio, si capisce che abbiamo fra le mani un vero e proprio gioiellino tascabile.


Con Dybala, i tifosi juventini sono tornati a sognare in grande, lustrandosi gli occhi come nel passato di fronte ad altri numeri 10 del calibro dei già citati Michel Platini o Roberto Baggio, ma anche a due grandi numeri 21 bianconeri, Zinedine Zidane e Andrea Pirlo. All’inizio della sua avventura in bianconero, infatti, Paulo Dybala ha indossato la maglia numero 21, un numero legato alla sua età e un omaggio dichiarato proprio a Zidane. 

A inizio estate 2015, il passaggio della maglia da Pirlo a Dybala è sembrato quasi una bestemmia, perché vederla spogliata dal Maestro e indossata da uno sbarbatello di ventuno anni, ha sollevato diverse rimostranze (un po’ come la 10 di Del Piero a Tevez), ma alla lunga l’argentino si è dimostrato idoneo e degno erede sia del Maestro che di Zizou. Da Pirlo, infatti, ha ereditato la straordinaria abilità nei calci di punizione, mentre da Zidane l’eccezionale capacità di mettere i compagni davanti alla porta (sette assist decisivi nella sua prima stagione con la Juventus). 

Se poi vogliamo tornare ancora più indietro nel tempo, quando un altro argentino vestiva la maglia bianconera, regalando magie e dribbling ubriacanti, allora dobbiamo scomodare il grande Omar Sivori, che con Dybala sembra condividere “la corsa a passi brevissimi, il dribbling sculettante, velenoso e irridente e il tiro feroce”. 

Il paragone con “El Cabezon” è stato motivo d’orgoglio per Paulo, che si è presto accorto quanto Sivori sia amato ancora oggi e come venga ricordato sia dentro lo stadio che nel museo bianconero. Essere paragonato a lui è stato un onore, perché Sivori è stato sia un giocatore incredibile che una figura molto importante nella storia del club. 

Tuttavia, Dybala è diverso da Sivori, passato agli annali anche per il carattere fumantino e spesso rissoso e provocatore in campo e fuori. Il volto di Paulo è pulito, educato, sorridente, nonostante la medesima cattiveria nel fare fuori gli avversari, nell’irriderli con un tunnel o una finta.

Se Gianni Agnelli, a proposito di Sivori, ha detto una volta che l’argentino non era un fuoriclasse, ma un vizio, con Dybala siamo di fronte a un campione potenzialmente devastante, uno di quei calciatori che nascono una volta ogni venti o trent’anni, capaci non di gol o giocate casuali, ma di vere opere d’arte.

(da Paulo Dybala: La Joya Argentina, di Marcello Gagliani Caputo)


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