23 giugno 1965: La prima finale europea della Juventus

  La storia della Juventus è stata ed è ancora oggi caratterizzata da un rapporto di amore-odio con le coppe europee. Basti pensare alla Coppa dei Campioni/Champions League, dove i bianconeri hanno perso ben 7 finali delle 9 giocate. 

  Un record negativo che, tuttavia, non rende giustizia allo straordinario palmares europeo della Juventus che è stata la prima squadra nella storia del calcio a vincere tutte le competizioni internazionali. Durante il primo ciclo di Giovanni Trapattoni, infatti, i bianconeri hanno vinto prima la Coppa UEFA (1977), poi la Coppa delle Coppe (1984) e, quindi, la Coppa dei Campioni, la Supercoppa Europea e la Coppa Intercontinentale, tutte nel 1985. 

  D’altronde, la Juventus è anche la squadra italiana che vanta più partecipazioni alle competizioni europee, fin dalla loro origine, ovvero alla fine degli anni ’20, quando si giocò per la prima volta la Coppa Europa Centrale (conosciuta anche come Coppa della Mittel-Europa o Mitropa Cup). Era la stagione 1930-31 e i bianconeri avevano appena vinto il primo dei cinque scudetti consecutivi del “Quinquennio d’Oro” e si affacciavano per la prima volta sul palcoscenico europeo. Era la Juventus del trio Combi-Rosetta-Caligaris, con Carlo Carcano in panchina, ma l’esperienza si rivelò amara, visto che i bianconeri uscirono già ai quarti di finale contro lo Sparta Praga. 



  Tuttavia, già l’anno successivo, la Juventus si ripresentò ai nastri di partenza, con maggiore esperienza e consapevolezza, tanto da arrivare fino alla semifinale, persa ancora una volta contro una squadra cecoslovacca, ossia lo Slavia Praga, allora punto fermo della fortissima Nazionale che avrebbe perso la finale dei Mondiali del 1934 proprio contro l’Italia. Nonostante lo strapotere tra i confini nazionali, confermato anche negli anni e nei decenni successivi, la Juventus non riuscì mai a ottenere gli stessi risultati in Europa, dove per trent’anni non giocò nemmeno una finale. 

  Da una parte, perché le altre squadre europee (soprattutto quelle dell’est) erano più forti e abituate ad affrontare sfide di questo tipo, dall’altra perché a quel tempo i campionati nazionali erano considerati molto più importanti delle competizioni europee, le quali venivano spesso snobbate e considerate poco più di un torneo estivo. La stessa Coppa Europa Centrale si giocava, infatti, tra luglio e settembre, quando ormai i calciatori avevano dato il meglio e avevano la testa in vacanza. 

  Il vero cambiamento epocale avvenne nel 1955, quando nacque la Coppa dei Campioni, ideata dal giornalista francese Gabriel Hanot e subito conquistata, per cinque anni consecutivi, dal fortissimo Real Madrid di Alfredo di Stefano. L’importanza della nuova competizione sembrò subito chiara, sia perché vi accedevano soltanto le squadre che avevano conquistato i rispettivi campionati nazionali, sia perché si giocava in contemporanea ai campionati, ovvero da settembre fino a giugno dell’anno successivo.



  La prima squadra italiana a giocare la Coppa dei Campioni fu il Milan, mentre per vedere la Juventus debuttare nella competizione si dovette aspettare la stagione 1958-59. Tuttavia, come già successo con la Coppa Europa Centrale, l’occasione non fu delle migliori, visto che i bianconeri uscirono al primo turno per mano degli austriaci del Wiener Sport Klub, i quali, dopo aver perso per 3-1 a Torino (tripletta di Omar Sivori), strapazzarono la Juventus per 7-0 nella gara di ritorno, sancendo una delle sconfitte più pesanti nella storia dei bianconeri. 

  Nonostante l’inizio sfortunato, la Juventus non ci mise molto a togliersi qualche soddisfazione anche in Coppa dei Campioni e fu la prima squadra italiana a espugnare il Santiago Bernabeu di Madrid, allora fortino inviolabile del fortissimo Real. Era la stagione 1961-62 e i bianconeri, freschi Campioni d’Italia, arrivarono fino ai quarti di finale di Coppa dei Campioni, dove affrontarono proprio i Blancos di Di Stefano e Puskas. 

  Dopo aver perso a Torino per 1-0, la Juventus riuscì nell’impresa di vincere con lo stesso risultato a Madrid, grazie a una storica rete di Sivori, così raccontata dal giornalista Alfredo Giorgi sulle pagine de “La Stampa”: «L’azione nasce da un calcio di punizione di Garzena: raccoglie Stacchini che appoggia su Charles, mentre Sivori scatta in avanti. La palla giunge puntuale all’italo-argentino il quale la controlla, evita Araquistain, e tocca di precisione in fondo alla porta». Non essendo ancora previsti tempi supplementari e calci di rigore, la gara si rigiocò una settimana dopo sul campo neutro di Parigi, dove il Real Madrid ebbe la meglio per 3-1, nonostante l’iniziale vantaggio juventino sempre firmato da Sivori. 

 Dopo un paio d’anni di appannamento, la Juventus tornò a partecipare a una competizione europea nella stagione 1963-64, debuttando nella nuova Coppa delle Fiere. Abbreviazione del più lungo nome di Coppa Internazionale delle Città di Fiere Industriali, era una competizione che prevedeva la partecipazione di squadre le cui città di riferimento erano luogo di fiere internazionali. Nata nel 1955, insieme alla Coppa dei Campioni, prima di allora si era disputata con cadenza triennale, poi biennale e dal 1960 ogni anno, fino a scomparire nel 1971, quando fu rimpiazzata dalla più blasonata Coppa UEFA



  La prima esperienza dei bianconeri in questa competizione non fu fortunata, perché la Juventus si fermò ai quarti di finale, eliminata dal Real Saragozza (3-2 in Spagna e 0-0 a Torino). Tuttavia, già l’anno successivo la squadra, affidata, nel frattempo, a Heriberto Herrera, il famoso “sergente di ferro” paraguaiano, fautore del cosiddetto “movimiento”, riuscì nell’impresa di raggiungere la prima finale europea della sua storia. 

 Gran parte del merito fu proprio del nuovo allenatore che portò a Torino una nuova mentalità e un innovativo modo di giocare a calcio, che prevedeva una forte fase difensiva, ma soprattutto l’assenza di posizioni stabili in campo e un pressing asfissiante sugli avversari. 

 Con Herrera in panchina, la Juventus cambiò pelle, trasformandosi dall’elegante aristocratica che affondava i suoi colpi grazie alla classe di campioni come Omar Sivori, in una formazione operaia, in cui tutti correvano e si aiutavano per il bene della squadra. Nonostante una stagione che la vide arrivare al terzo posto in classifica in Campionato, dietro a Inter e Milan, la Juventus riuscì ad arrivare in fondo alla Coppa delle Fiere, dopo un’esaltante cavalcata cominciata il 23 settembre del 1964, quando, nei trentaduesimi di finale, i bianconeri ebbero la meglio sull’Union St. Gilloise. All’andata, i bianconeri si imposero per 1-0 grazie a una rete di Combin al 35’ del primo tempo e bissarono il risultato al ritorno, stavolta per merito di Menichelli. 

  Ai sedicesimi, la Juventus fu sorteggiata contro i francesi dello Stade Francaise: oltralpe gli uomini di Herrera non andarono oltre lo 0-0, ma a Torino si imposero per 1-0 con un gol di Da Costa. Lanciati verso i quarti di finale, i bianconeri superarono anche l’ostacolo Lokomotiv Plovdiv, ma soltanto dopo un sudato spareggio. Sia all’andata sia al ritorno, infatti, le due squadre pareggiarono 1-1, così non essendo ancora previsti i tempi supplementari e gli eventuali calci di rigore, la partita si rigiocò a Torino e la Juventus ebbe la meglio per 2-1, grazie a una doppietta di Sivori



  In semifinale, gli undici di Herrera si trovarono di fronte l’Atletico Madrid e, ancora una volta, dovettero ricorrere allo spareggio, visto il doppio 3-1 ottenuto dagli spagnoli in casa e dalla Juventus a Torino. Nel match decisivo, giocato a Torino il 3 giugno del 1965, i bianconeri vinsero di nuovo per 3-1, con le reti di Stacchini, Salvadore e un’autorete. 

 Poche settimane più tardi, il 23 giugno del 1965, la Juventus scese in campo per la conquista del trofeo contro il Ferencvaros, vittorioso sul Manchester United nell’altra semifinale. Gli ungheresi arrivarono alla finale trascinati da calciatori come Deszo Novak  (vincitore del titolo olimpico a Tokyo), Sandor Matrai, colonna della squadra, Maté Fenyvesi, uno dei simboli della Nazionale e Florian Albert, capocannoniere dei Mondiali del 1962 e vincitore del Pallone d'Oro nel 1967. 

  Inoltre, il Ferencvaros era una squadra già abituata a vincere in Europa, viste le due Coppe Europa Centrali in bacheca. Dal canto suo, la Juventus arrivò alla finale priva dell’asso Omar Sivori che, alcune settimane prima, si era infortunato in uno scontro con il futuro portiere bianconero Dino Zoff e della colonna difensiva Sandro Salvadore



 Nonostante la partita si giocasse a Torino, i bianconeri non riuscirono nell’impresa di vincere il loro primo trofeo internazionale, imbavagliati dalla maggiore organizzazione ed esperienza degli avversari che si imposero di misura per 1-0, infrangendo i sogni di vittoria della Juventus e dei suoi tifosi. 

  Il giornalista de “La Stampa” Paolo Bertoldi raccontò così quella sfortunata serata: «La Juventus è mancata all'appuntamento della Coppa delle Fiere. È stata sconfitta per 1-0 nella partita decisiva disputata ieri sera allo Stadio contro il Ferencvaros. Il risultato è giusto, anche se i magiari non hanno saputo sfruttare a fondo la loro tecnica individuale e hanno finito per creare più situazioni favorevoli di quante siano stati in grado di concludere. La Juventus è mancata nel ritmo, proprio quella caratteristica che aveva sottolineato i periodi migliori della sua stagione». 

  Un risultato, l’1-0, che sarebbe tornato altre volte nella sfortunata esperienza dei bianconeri in Europa, a cominciare proprio dalla Coppa dei Campioni, persa due volte con questo risultato, prima con l’Ajax di Cruijff e poi con l’Amburgo di Magath. Un gap minimo che, troppe volte, ha frenato le ambizioni della Juventus, ancora oggi in perenne ricerca di un riscatto che sembra non voler mai arrivare.


(Marcello Gagliani Caputo)


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