FINALMENTE È FINITA

 
Con la sconfitta nella trasferta di Firenze si è chiusa la peggiore stagione degli ultimi dieci anni della Juventus. Una partita che ha sintetizzato, in modo perfetto, l'andamento della stagione bianconera, fallimentare sotto molto aspetti. 

Ieri sera si è vista, per l'ennesima volta, una squadra spenta, senza voglia di giocare e di vincere, senza idee e senza una guida, in campo e fuori. Zero tiri in porta e dati che mettono in risalto la crisi profondissima della Juventus: un quarto posto conquistato con appena 70 punti (l'anno scorso ce n'erano voluti 78), 57 gol all'attivo contro i 77 della stagione con Pirlo e 8 sconfitte.

Numeri impietosi che non solo evidenziano i problemi nella rosa, ormai consumata e priva di ricambi all'altezza, ma l'incapacità di Allegri di costruire qualcosa da zero. Eppure il suo ritorno, a sorpresa, nell'estate scorsa aveva suscitato nuovo entusiasmo, smorzato, tuttavia, pochi giorni dopo dall'addio di  Cristiano Ronaldo a pochi giorni dalla fine del calcio mercato.

Fin dalle prime settimane di Campionato, la Juventus ha mostrato tutti quei limiti che, negli anni precedenti, lo stesso Ronaldo aveva coperto, ovvero un centrocampo mediocre, un attacco sterile e una difesa ormai troppo vecchia.

A questo non è riuscito a mettere una pezza nemmeno l'allenatore che, dopo due anni di inattività, si è dimostrato arrugginito e, soprattutto, incapace di andare oltre se stesso e il personaggio che lo ha portato, addirittura, in televisione. 

Ai tanti tifosi che si aspettavano un allenatore rigenerato dal periodo di riposo e pronto a rilanciare la Juventus, si è rivelato una persona ancora più "estremista" nella sua miope visione del calcio.

Dopo il suo primo ciclo, caratterizzato dalla presenza di tanti campioni, Allegri ha provato a riproporre il suo gioco semplice e sparagnino con una squadra inadatta allo scopo. Sono venuti, così, a galla, anche i suoi limiti, dovuti soprattutti a una concezione del calcio preistorica e ormai fuori dall'attualità.


Il risultato è stato impietoso, perché la Juventus non è mai stata in corsa per lo scudetto, ha perso Supercoppa Italiana e Coppa Italia ed è uscita, per il terzo anno consecutivo, agli ottavi di finale di Champions League, peraltro contro un avversario abbondantemente alla sua portata.

Al termine della corsa, ci è rimasto soltanto un quarto posto conquistato con qualche giornata di anticipo e anche grazie agli importanti investimenti di gennaio, in primis gli oltre 70 milioni per Dusan Vlahovic. Eppure, questo "traguardo" è stato celebrato come fosse stata un'impresa dai fanatici di Allegri e della sua filosofia del "corto muso".

Il ciclo è finito ed è finito nel peggiore dei modi, ovvero con una squadra allo sbando, giocatori al termine della carriera e senza uno straccio di prospettiva per il futuro. Ciò che, infatti, pesa come un macigno non sono i trofei persi o la stagione da "zero titoli", quanto l'incapacità di fare progressi e di veder crescere i calciatori.

Sotto la gestione di Allegri, nessuno è cresciuto, né i giovani né i meno giovani, anzi hanno dato, tutti, il peggio di sé, seppur in fasi diverse. A questa pesantissima mancanza, si sono aggiunti tanti infortuni che hanno colpito alcuni giocatori molto importanti, come Federico Chiesa e Paulo Dybala, ma nessuno di questi si è davvero rivelato decisivo nell'andamento della stagione.


La delusione e l'amarezza che hanno espresso molti tifosi, tra cui il sottoscritto, deriva proprio da questa sensazione di abbandono che abbiamo percepito nei confronti della squadra e della tifoseria, anche e soprattutto da parte della società.

Basti pensare alla pessima gestione dell'addio di Dybala per rendersi conto che la Juventus quest'anno ha vissuto un'annata di confusione totale. Nessun leader in campo, un allenatore arroccato nelle sue idee e incapace di dare un'identità alla squadra, una società lontana e perennemente distratta da altri impegni (vedi Superlega), un po' come un genitore che non ha tempo di occuparsi dei figli. 

Gettarsi alle spalle questa disgraziata stagione era l'obiettivo di molti tifosi juventini, già fin da ora proiettati nel mercato estivo e stuzzicati dal possibile ritorno di Paul Pogba e dal colpo Angel Di Maria. 

Eppure, quella sensazione di fastidio che ci costringe a rimanere guardinghi e prudenti non sembra voler andare via, perché non potranno essere certo due giocatori a poter risolvere i profondissimi problemi di una Juventus allo sbando. Ci vorrebbero almeno 7-8 innesti e altrettante cessioni, impossibili da porre in essere in una sola sessione di mercato. 

C'è, prima di tutto, da capire quale sia il progetto della società e, soprattutto, se ce ne sia davvero uno. Tornare a vincere subito in Italia? Competere in Europa? Far crescere i tanti giovani del vivaio? Il dubbio è che l'ossessione di vincere abbia fatto perdere la bussola alla dirigenza juventina (e a tanti tifosi), già dall'acquisto di Cristiano Ronaldo, dall'addio di Marotta e dai dissidi tra Agnelli e Antonio Conte, vero e unico artefice del magico ciclo dei nove scudetti consecutivi.

Una società gestita come azienda, ma poi condizionata dai rapporti d'amicizia tra il Presidente Agnelli e Massimiliano Allegri, in cui John Elkann ha imposto la figura di Maurizio Arrivabene, il "controllore" dei conti. Questa è solo una parte delle cose che noi tifosi vorremmo sapere, perché va bene il tifo cieco e fedele oltre ogni cosa, ma, come direbbe Totò... 'cca nisciuno è fesso!


(Marcello Gagliani Caputo)


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