La Juventus e il Pallone d'Oro - Seconda Parte

 

L’eredità di Michel Platini, raccolta da Roberto Baggio, fu rinnovata da un altro fuoriclasse francese, ovvero Zinedine Zidane che arrivò alla Juventus nell’estate del 1996, all’indomani della conquista della Champions League da parte dei bianconeri. 

Strappato al Bordeaux per sette miliardi e mezzo delle vecchie lire, “Zizou”, come fu subito soprannominato, mise in mostra fin dalle prime uscite una classe cristallina che lo designò come vero erede di Michel Platini e che, soltanto due anni più tardi, lo portò in vetta alla classifica del Pallone d’Oro

Il trionfo avvenne sulla scia della conquista da parte della Francia della Coppa del Mondo del 1998, organizzata proprio in territorio transalpino. Nell’occasione, Zidane fu il trascinatore di una squadra che vantava la presenza anche dell’altro juventino Didier Deschamps e siglò la doppietta decisiva che permise alla Francia di battere, in finale, il Brasile di Ronaldo il Fenomeno. 

Zidane fu il quarto francese della storia a vincere l’ambito trofeo e arrivò primo con 244 punti, davanti al giocatore del Real Madrid Davor Suker (68 punti) e all’interista Ronaldo (66). 

Al momento del ritiro del premio, il fuoriclasse non dimenticò di ringraziare la Juventus, come riportato nell’articolo di Alessandro Tommasi sul sito di “Repubblica”: «[…] Quando si presentò l'occasione di andare a Torino, ed ero a Bordeaux, ho capito che la mia carriera stava per prendere il volo. Ho pensato alle Coppe, al Pallone d’oro: non lo vinci se non sei in una squadra grande. […]».



Nell’albo del Pallone d’Oro, la vittoria di Pavel Nedved rappresentò una piccola anomalia, perché il calciatore ceco fu uno dei pochissimi ad aggiudicarsi il premio senza aver alzato trofei importanti a livello europeo e mondiale (Champions o Coppa del Mondo). 

Ciò che, infatti, portò Nedved sul gradino più alto del trofeo di France Football furono i successi nazionali con la Juve e le straordinarie prestazioni nell’edizione 2002-03 della Champions League, in cui trascinò i bianconeri fino alla finale, poi persa contro il Milan e che il ceco non giocò perché squalificato. 

La “Furia Ceca”, come venne soprannominato Nedved alla Juventus, fu il secondo calciatore ceco a vincere il Pallone d’Oro, dopo Josef Masopust che se l’era portato a casa nel 1962, quando ancora esisteva la Cecoslovacchia. 

Il premio fu la coronazione di una carriera fatta di sacrifici, allenamento e abnegazione che aveva fatto di Pavel un esempio per tanti compagni di squadra. Sempre l’ultimo ad arrendersi, il ceco fu uno dei protagonisti della Juventus del prima e dopo Calciopoli, dando un decisivo contributo per riportarla ai livelli che le competono. 

Alla vigilia della premiazione, Nedved fece un bagno di umiltà, dichiarando che “non posso competere con campioni come Raul, Figo e Zidane”, ma la giuria la pensò diversamente, perché lo premiò con 190 punti, primo davanti a Thierry Henry fermo a 128 e a Paolo Maldini a 123.


L’ultimo juventino a vincere il Pallone d’Oro fu Fabio Cannavaro che, all’indomani della vittoria italiana nella Coppa del Mondo del 2006 in Germania, fu premiato fa France Football come simbolo di quell’Italia bistrattata che affrontò il Mondiale sulla scia dello scandalo di Calciopoli

L’edizione 2006 del Pallone d’Oro fu una delle più anomala della storia, perché dovette fare i conti con quanto accaduto alla Juventus e a tutto il calcio italiano. Tuttavia, i giurati ebbero la forza di andare oltre e decisero di premiare il Capitano della Nazionale appena laureatasi Campione del Mondo contro ogni pronostico e, addirittura, di indicare come secondo l’altro juventino e italiano Gianluigi Buffon. 

Per alcuni fu un premio politico, per molti altri fu soltanto la logica conseguenza di un’impresa che vide l’Italia di Marcello Lippi riscattare, agli occhi del mondo, tutto il movimento calcistico italiano. Grazie a questo premio, Cannavaro divenne il quarto italiano ad aggiudicarsi il Pallone d’Oro, dopo Rivera, Paolo Rossi e Roberto Baggio e il terzo difensore, dopo Beckenbauer e Sammer.



(Marcello Gagliani Caputo)

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